Giovanni Salonia
Odòs – la via della vita
genesi e guarigione dei legami fraterni –
EDB, Bologna 2007, euro 19
“Essere cristiani
non significa avere una chiave di lettura più adeguata di altre,
che sottragga lo scienziato o, nel nostro caso, lo psicologo
credente, alla fatica e al rischio della storicità radicale in cui
siamo immersi. Dobbiamo cercare, dobbiamo tentare di capire, con
umiltà, perché il vangelo non è un sapere, non è una rivelazione
metafisica che fissi una volta per tutte i limiti e i significati
dell’esistenza, bensì il dono di una relazione vitale, che
illumina e sostiene chi la vive, che accade e si dà nella storia e
non al di fuori di essa.”
Queste parole,
tratte dal prologo di Odòs, ci permettono di entrare in questo
libro sapiente e intimo, denso di contenuti, riferimenti e
citazioni. Sono parole che aprono possibili intersezioni fra i
percorsi di noi lettori e quelli dell’autore.
E’ un libro
calato nel particolare – un’esperienza religiosa e un modo di
esplorarla, con il sostegno di una vasta sapienza umana e
umanistica - eppure universale. Perché universale? Perché
esplorare “fino in fondo” la relazionalità nel proprio orizzonte
etico e spirituale di riferimento ha una valenza universale; ma
anche perché le tematiche e gli interrogativi cristiani sono
universali, anche se universali potrebbero non essere le risposte.
Universali sono anche le domande e i temi delle discipline
umanistiche, della psicoterapia, pur nella loro collocazione in
tempi, luoghi e contesti specifici. “Un libro al confine fra fede
e psicoterapia” viene definito nella quarta di copertina. Troviamo
quindi, nel testo, tutta la ricchezza, le potenzialità, le
scoperte dello stare al confine fra esperienze e saperi così
articolati.
Il testo è diviso
in tre parti, che hanno un filo conduttore comune, ma anche una
certa autonomia fra di loro.
Dopo
un’introduzione su rapporti, intersezioni, debiti e incomprensioni
reciproche fra scienze umane e fede (e più specificamente fra
psicoterapia e cristianesimo), nella prima parte vengono
presentati, con un approccio ermeneutico denso, contemporaneamente
rigoroso e personale, i fondamenti dei testi biblici, come chiave
della relazionalità e della vita.
Nella seconda
parte questi fondamenti diventano esperienza viva attraverso il
percorso e la vita di San Francesco d’Assisi e della fraternità da
lui fondata.
Nella terza parte
l’esperienza si allarga, soprattutto attraverso una focalizzazione
sulla vita consacrata, all’esistenza cristiana, ma anche, in
parte, all’esistenza di ognuno.
L’insieme è una
sequenza, una progressiva “incarnazione” di temi spirituali e
umanistici, delle tematiche relazionali, che comprendono in sé gli
inizi, la vita e la morte.
Ma è difficile
fissare uno schema: si tratta di un testo così ricco, da essere
difficilmente definibile, circoscrivibile. E’ contemporaneamente
il risultato di teorie, esperienze, riflessioni, ed è anche il
percorso che ha portato a tale risultato. Leggerlo significa
davvero entrare in un cammino, percorrere strade: ogni capitolo,
ogni frase, ogni parola è una figura che lascia intravedere mille
sfondi. Esperienza, conoscenze teoriche, sfondi relazionali e
figure sapienziali sono intersecati e vengono restituiti ai
lettori in tutta la loro complessità, ma, anche, in un linguaggio
semplice e diretto. E i lettori possono trasformare tutto questo
in orientamento, nel senso che sostiene ed è insito in ogni
intenzionalità relazionale.
“(…) la ricerca
dell’autore parte dall’assunto che la fraternità porta con sé un
dramma, un sentirsi traditi e messi da parte: come fu per Caino e
Abele, l’esistenza del fratello ricorda all’uomo che non è figlio
unico.” (dalla quarta di copertina)
Centrale è
l’origine. Non possiamo non chiederci da dove veniamo: non si
tratta delle distinzioni fra laici e credenti, fra esperienze e
percorsi di fede diverse.
“La struttura
delle relazioni di base della condizione umana si articola infatti
in una triade: maschio/femmina, genitori/figli, fratelli/sorelle.
(…) Questi tre legami, di cui è composta la struttura di fondo
dell’affettività umana, sono biblicamente inseriti all’interno di
un altro rapporto che a essi dà forma e significato: il rapporto
con l’inizio (sia esso chiamato YHWH o Vita). Di fronte alla
constatazione inevitabile che il principio non gli appartiene (e
che non potrà mai darselo da solo), l’uomo è costretto a decidere
circa la qualità e il senso della propria creaturalità.” (dal
testo)
Non è un libro
rivolto solo a lettori cristiani; non è un testo diretto in modo
esclusivo a chi ha fede. Perché la laicità non è certo una
scorciatoia, non significa non interrogarsi, non collocarsi nel
mondo: è una responsabilità sul proprio essere uomini, sul proprio
essere gettati nel mondo e inseriti in una molteplice
relazionalità. Nel mistero dell’origine, nell’alterità della
nostra origine, nella creaturalità, è inscritta la relazionalità
stessa.
E’ un libro che
ci accosta al mistero dell’uomo, di ogni uomo e donna nella sua
specificità, unicità e diversità.
Sono parole che
nutrono e che lasciano intravedere sfondi, percorsi, attuati e
possibili. Per questo il testo, pur essendo accessibile a un
pubblico più vasto, è, prima di tutto, un appello a formatori,
educatori, psicoterapeuti, religiosi, a chiunque senta e viva la
responsabilità verso l’”altro”. A sua volta il lettore può porgere
ad altri parole e contenuto del testo, come ha fatto, per primo,
l’autore.
Il mistero
dell’origine non ci appartiene: se dimentichiamo questo, se
dimentichiamo la parità e la creaturalità originaria, non sappiamo
vivere nella polis.
“In questo
quadro, anche il potere viene risignificato. Quando l’uomo non
accetta il rimando a un’origine da cui deriva una comune
appartenenza, imbocca la strada di farsi dio contro il fratello
(per dominarlo e vincere su di lui) o sceglie di fare del fratello
un dio, diventandone schiavo e rinunciando alla propria dignità,
alla propria libertà (qua nota): il potere sull’altro come delirio
di divinità o come sottile manipolazione.” (dal testo)
Nella seconda
parte del testo vengono presentate ulteriori sfide: i fondamenti
della vita e della relazione vengono rivisti nella difficile
esperienza della fraternità, attraverso i pensieri, gli atti, le
scelte di Francesco d’Assisi. Sono capitoli, forse, meno diretti
rispetto ai primi. Per coglierne appieno i contenuti è necessario
un cambio di prospettiva, uno sforzo nel cogliere la diversità: la
specificità di un percorso e di un’esistenza. Solo dopo questo
movimento si può, nuovamente, cogliere la valenza più ampia del
testo.
“Nella fraternità
(…) nessuno è definito “padre”. La vita tra fratelli colloca chi
vi partecipa in una parità costitutiva, che è rispetto della
diversità.” (dal testo)
Dalla distinzione
fra fraternità e comunità si dipana una trama in cui, accostandoci
alla figura, al percorso, alle scelte di Francesco d’Assisi,
entriamo nell’esperienza della diversità vera, quella che si può
conoscere e accettare solo attraverso un travaglio; entriamo nel
rapporto fra responsabilità e accettazione della libertà
dell’altro, della parità costitutiva dell’altro. Emblematico è il
titolo di un paragrafo: “Tra fondatore e fratello: un conflitto da
non risolvere.”
Si tratta della lacerazione insita
nell’avere fede: nella relazionalità, nell’intenzionalità
relazionale, nell’essere, prima di tutto, creatura fra le
creature. Una fede che porta a fare e a costruire, accettando di
non essere padroni del risultato del proprio fare e della
direzione ultima del proprio movimento. Una fede che è aprirsi,
anche con sofferenza, alla diversità dell’altro, senza perdere la
responsabilità verso quello che si è fatto e si continua a fare, e
a essere.
La terza parte
del testo compie un ulteriore passo verso la concretezza
dell’esistenza cristiana e quindi di ogni esistenza: esistere,
attraversare i misteri delle origini, della vita e della morte,
implica sempre una direzione e un senso, o, più esattamente, lo
sforzo di non smarrire la direzione e il senso, e, quindi, le
origini.
Anche in questo
caso sono emblematici i titoli di due capitoli: “L’esistenza come
formazione”, “Prendersi cura della fraternità (e del fratello) nel
tempo della soggettività”. Sono titoli, ma anche progetti, strade,
tracce.
“Il mondo di oggi
non ha bisogno di maestri, ma di compagni di viaggio. Riesce ad
ascoltare solo i fratelli.” (dal testo)
Michela Gecele |