S.I.P.G. Società Italiana Psicoterapia Gestalt

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Margherita Spagnolo Lobb- Nancy Amendt-Lyon

Il permesso di creare. L’arte della psicoterapia della Gestalt

Milano: Angeli, 2007 - ed. or. Springer, 2003, Euro 37,00

Presentazione dell’edizione italiana

Vi è una frase illuminante del filosofo greco Plotino secondo cui il maestro può indicare solo il percorso e la strada da compiere, ma la visione del viaggio è di colui che avrà voluto vedere. Anche per il percorso che viene fatto in psicoterapia si può affermare che l’approccio teorico e le tecniche di intervento di ogni scuola definiscono la strada da seguire, le tappe e le stesse finalità da raggiungere, ma anche in questo caso la temperatura dell’incontro e soprattutto la  creatività dipendono dalla reciproca capacità di avvicinarsi, di procedere insieme e di mantener viva la curiosità senza dover ripetere schemi già conosciuti o addirittura ripetitivi.

Questo è il tema del libro “Il permesso di creare” curato da Margherita Spagnuolo Lobb e da Nancy Amendt-Lyon che solleva interrogativi che vanno ben aldilà della psicoterapia della Gestalt ed investono l’ambito più generale della cura. Infatti la creatività nella relazione di cura riguarda ogni approccio psicoterapeutico in cui sono costantemente in gioco, da una parte, la fedeltà ai principi e alle finalità della terapia e alle sue strategie tecniche e dall’altra l’esperienza e l’intuizione personale del terapeuta, ma soprattutto la costruzione della relazione.

Naturalmente quanto più l’apparato teorico della psicoterapia è rigido e vincolante e scoraggia ogni ricerca autonoma, tanto più il terapeuta tenderà a rifarsi ai principi codificati evitando di mettersi in gioco personalmente. Vi è una scena dell’iconografia religiosa che descrive bene questo modo di affrontare l’incontro terapeutico, è la scena del “Noli me tangere” in cui si vede Cristo che si ritrae facendo con la mano la mossa di prendere le distanze e di allontanare la Maddalena che invece vorrebbe abbracciarlo. Troppo spesso in psicoterapia vale il principio del “noli me tangere”, che viene a sancire la distanza reciproca e l’impossibilità di uscire fuori dagli schemi codificati. Pur non conoscendo a fondo la psicoterapia della Gestalt ho l’impressione che i principi teorici su cui si basa siano sufficientemente aperti da permettere la ricerca di visioni nuove senza dovervi rinunciare per paura di porsi al di fuori dell’ortodossia.

Quando si parla di creatività nella relazione psicoterapeutica si può fare riferimento alle teorie della creatività, come ad esempio quella della volontà creativa di Otto Rank a cui è dedicato un capitolo del libro. Ma forse esistono forme diverse di creatività nell’incontro psicoterapeutico, come mise in luce lo psicoanalista di origine cilena Matte Blanco. A volte l’immagine migliore per descrivere l’incontro psicoterapeutico è quella del contadino che si prende cura della sua terra, la dissoda, la libera dai sassi, la concima per poi piantarvi i semi oppure la pianta. La figura del contadino non si riferisce solo al terapeuta ma ad un’attitudine che si costruisce a due nella relazione terapeutica.

Naturalmente la tradizione, nel caso del contadino addirittura secolare, lo può soccorrere  nel suo lavoro e nelle sue attente cure, tuttavia c’è poi una capacità di intuizione per capire quando è il momento migliore per far crescere la pianta, come innaffiarla e come togliere le foglie secchie e le erbacce. E ci sono contadini che amano la propria terra e le piante e contadini che lo fanno solo per vivere e per svolgere il proprio lavoro. E’ il modello del prendersi cura, molto simile a quello che fa una madre col proprio figlio quando è piccolo, quando cerca di capire i  comportamenti e i messaggi del figlio in modo da adattarsi a lui. Anche in  psicoterapia si crea un’attitudine condivisa di prendersi cura per quello che emerge nella relazione, cercando di riconoscerlo e di farlo crescere e trovando la giusta distanza fra protezione ed autonomia reciproca.

Esiste tuttavia un altro modello, quello del cacciatore che insegue la sua preda, che naturalmente non è il paziente. L’inseguimento della preda ha a che fare con la ricerca di nuovi territori della mente e del funzionamento corporeo, vi è infatti nella coppia terapeutica il desiderio di conoscere e di scoprire nuovi orizzonti, seguendo indizi, tracce, odori.

All’interno di questi due modelli può emergere una creatività se si esce dagli schemi abituali, ossia un ex-sistere dall’etimo della parola esistenza che viene ad indicare la capacità di uscire fuori, di porsi su un piano “mondano”. Per questo motivo più che alla volontà creativa di Otto Rank, che sottolinea la determinazione ad uscire fuori dalla convenzionalità, conviene fare riferimento al concetto di area transizionale di Winnicott. Secondo Winnicott nell’area transizionale si condensa da una parte l’esperienza reale e dall’altra la capacità di immaginare e di evocare per cui ci si stacca dal piano percettivo della realtà. In questo gioco fra realtà e fantasia prende corpo la creatività che possiamo tradurre sul piano terapeutico nella capacità di rimanere all’interno della cornice reale del rapporto e allo stesso tempo sviluppare la capacità simbolica e quella immaginativa nel rapporto di coppia.

Il libro “Il permesso di creare” sembra ben cogliere, già fin dal titolo e poi nei capitoli, questa doppia polarità, ossia il permesso inteso come autorizzazione nella cornice prescrittiva della psicoterapia e dall’altra la creatività come libera espressione di un’esigenza che prende corpo nell’incontro fra terapeuta e paziente.

 

Massimo Ammaniti

 

GIUSEPPE SAMPOGNARO
scrivere l’indicibile
la scrittura creativa in psicoterapia della gestalt

Franco Angeli 2008
Euro 15

Il libro di G. Sampognaro è un’opera scritta non solo da un addetto ai lavori (l’autore è psicologo, psicoterapeuta della Gestalt) ma è il frutto di una esperienza decennale e di una tecnica affinata da uno scrittore  che crede nel potere terapeutico della scrittura.

 Il testo è suddiviso sostanzialmente  in tre parti. Una prima parte in cui si parla della scrittura come atto creativo e viene introdotto il concetto di scrittura come strumento di cura.

Una seconda parte nella quale si descrivono i blocchi che impediscono il fluire di tale processo creativo.

 Nella parte finale vengono descritte le modalità per superare il blocco.

C’è un ultimo capitolo dedicato alla scrittura in gruppo. Come lo stesso autore sottolinea, non vengono suggerite tecniche tout court , ma viene proposto uno schema di lavoro nell’ambito di un gruppo.

 Il filo conduttore del libro è il ciclo di contatto e le modalità con cui si interrompe la spontaneità al contatto. Questi due concetti, cardine nella psicoterapia della Gestalt, vengono perfettamente adattati al processo dello scrivere. Chi si appresta a scrivere sente un bisogno che emerge dallo sfondo, si orienta, scrive (contatto pieno), ha soddisfatto il suo bisogno di comunicare, si ritira in maniera sana dal contatto. E così come avviene in tutte le altre modalità di fare contatto, anche il processo dello scrivere può andare incontro a dei blocchi.

Altro parallelo che l’autore crea è tra scrittura e terapia. Utilizzando sempre il paradigma del ciclo di contatto, spiega come la scrittura  è indicativa dello stile relazionale del pz e che la stessa può essere sostegno al contatto. L’autore più volte sottolinea come, lo scrivere non equivale al parlare e che non può sostituire l’atto verbale.

In ultimo, ma non per questo meno importante, da sottolineare la chiarezza espositiva. Il testo, che di fatto è un manuale di scrittura creativa, contiene la scorrevolezza della narrativa, anche grazie ai tanti esempi  clinici che l’autore riporta. Talvolta le ferite sono così profonde, che anche il solo sentire la propria voce che ne parla  può essere insopportabile. Scrivere, forse può favorire la comprensione e l’integrazione del  dolore nel romanzo della nostra vita.

 

Maria Luisa Grech

 Istituto di Gestalt HCC, Siracusa

 

marialuisa grech
prove di volo

 Il Filo, Roma 2008

 

Con la sua opera prima Marialuisa Grech – trent’anni, catanese, psichiatra e psicoterapeuta della Gestalt – utilizza la metafora del volo per tracciare il percorso di vita della protagonista. Arianna è una ragazza in bilico tra un rapporto di coppia insoddisfacente e una parallela storia clandestina che presto si rivelerà un vicolo cieco; una famiglia ambivalente nel dare e nel pretendere sostegno; un lavoro part time che fa da scenario alla sua segreta relazione amorosa tanto appassionata quanto frustrante. Arianna riuscirà a spiccare il volo quando si abbandonerà alla novità sconvolgente di una maternità non programmata, trovando l’energia e il coraggio sufficienti ad affrontare da sola la prova fondamentale della sua giovane vita.

Il valore del romanzo, da cui traspare la sensibilità terapeutica dell’Autrice, sta nell’accattivante intreccio tra elementi espressivi poetici e ironici. Attraverso una scrittura lieve e attuale, Marialuisa Grech riesce a fotografare il crocevia di una esistenza femminile nella delicata fase dello svincolo. Lo fa con uno stile sobrio e vivace, che appassiona il lettore a cui affida l’intrigante compito creativo di completare il non detto, decifrare gli umori dei personaggi, definire la conclusione (volutamente rimasta aperta). Proprio come fa il vero terapeuta, che non dà risposte preconfezionate ma pone domande stimolanti, che spalancano nuovi orizzonti di consapevolezza.

                                                                                                                       

Giuseppe Zampognaro 

Istituto di Gestalt HCC, Siracusa

 

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